Sin da piccoli siamo influenzati dalle parole; su di noi incidono le parole che pronunciamo, quelle che ci vengono dette e quelle che vorremmo dire o sentire.
Le parole, infatti, possono determinare la nostra felicità, influendo sulle emozioni e sugli stati d’animo. Possono ferire, innervosire, alterare oppure possono fortificare, calmare, sostenere e rassicurare chi le pronuncia e chi le ascolta e riceve.
Quello che diciamo da adulti, il modo in cui ci esprimiamo e ci rapportiamo all’altro ci caratterizza e identifica.
Questo il motivo principale per cui un buon genitore è attento a ciò che dice, consapevole del fatto che in qualche modo sta programmando i propri figli, che vivono soprattutto di esempio, ma che come fogli bianchi, mantengono nel tempo ciò che su di loro scriviamo attraverso quello che diciamo.
Per comprendere l’importanza estrema delle parole, ci basti pensare a quelle frasi (pronunciate o ascoltate) che, seppure non accompagnate da gesti eclatanti, sono state capaci di segnare in maniera determinante il percorso della nostra vita.
“Ti Amo”, quello detto la prima volta dal compagno;
“ti lascio”, quella ferita che significava solitudine, che ha il sapore della resa e segna la fine;
“sono orgoglioso\a di te” e all’opposto “mi hai deluso” detto dalla mamma o dal papà …
“Un adulto che sia diventato genitore è chiamato a riconoscere l’importanza delle parole e a gestirle nel modo migliore per assicurare una sana crescita al figlio o ai figli e per garantire anche a se stesso un ambiente familiare equilibrato e felice”!
Quello che facciamo ascoltare ai nostri bambini, la maniera in cui proponiamo loro di verbalizzare sentimenti ed emozioni, invece, li influenza e ne condiziona il processo di crescita e maturazione. Se si riconosce questo valore e questo potenziale alle parole si hanno più possibilità di imparare a misurare il proprio linguaggio educando i figli a fare altrettanto, tutto nel rispetto dei sentimenti altrui.
Pronunciare parole “tossiche” equivale ad avvelenare chi le riceve
Il destinatario di frasi ed affermazioni dolorose, facilmente e per naturale reazione, adotterà un linguaggio e quindi un atteggiamento oppositivo, difensivo, rigido, provocatorio che andrà a discapito del confronto e della crescita. Adoperare un linguaggio positivo o “rigenerante” equivale a stimolare l’interlocutore a vantaggio di una pacifica riflessione ed intesa. I bambini hanno fiducia nei propri genitori, sono i loro punti di riferimento, per cui prendono alla lettera ciò che essi dicono, non riescono a considerare che mamma e papà potrebbero aver sbagliato.
12 frasi tossiche che un genitore non dovrebbe mai dire al figlio
La regola del linguaggio vale sempre, vale tanto per i bambini quanto per gli adulti.
Qui di seguito proponiamo, come spunto di riflessione, 12 frasi che un genitore non dovrebbe mai dire al proprio figlio:
#1) Se fai così, non ti voglio più bene
È una frase che ha un impatto devastante sul bambino, anche se l’adulto in realtà non lo pensa davvero. È un’espressione assolutamente da evitare, si tratta di un ricatto emotivo, in cui il bambino diventa insicuro dell’affetto che mamma e papà provano per lui, è sottoposto allo stress di poter perdere l’amore dei suoi genitori, pensando che sia per colpa sua e del suo comportamento.
Il bambino che si sente dire: “Non ti voglio più bene” percepisce un’interruzione affettiva violenta che lo priva del suo più saldo punto di riferimento, così, queste poche parole di rabbia, possono ingenerare nel figlio un profondo senso di vuoto. Per di più rappresentano un esempio sbagliato: il bambino deve avvertire il bene, l’amore familiare e l’affetto come qualche cosa di radicato e stabile che non si deve spezzare con facilità né mai si deve rompere in modo definitivo o radicale. I bimbi hanno sempre bisogno di continuità affettiva.
#2) Faccio io, tu non sei capace
Maria Montessori diceva che non bisognerebbe mai, in nessun modo, inibire un bambino che sta cercando di fare. Senza essere montessoriane radicali, è evidente che dire a un bambino che non è capace di fare qualcosa è un modo sbagliato di apostrofarlo come inetto. Il consiglio è quello di lasciarlo fare, intervenendo solo qualora sia il bambino stesso a chiedere il nostro aiuto o a innervosirsi.
#3) Sei cattivo, gli altri bimbi sono più buoni di te
Dire a tuo figlio “sei cattivo” non ti rende orgoglioso/a come genitore o non mette il bambino in buona luce. E’ sempre preferibile spiegare al piccolo che un determinato comportamento non è corretto, non è educato. A parte che gli aggettivi ‘cattivo’, ‘brutto’, ‘capriccioso’… andrebbero comunque limitati (cosa significa dire ‘cattivo’ a un bambino?), è assodato che un bimbo che per tutta la sua vita viene definito ‘cattivo’ finirà per crederci, assecondando l’idea che gli altri gli hanno imposto di lui.
Piuttosto, di fronte a un bambino che fa i capricci, è il caso di fermarsi e non appena si calma, guardandolo negli occhi e con aria calma, chiedergli le ragioni del suo comportamento e spiegare il perché dei vostri no o della vostra rabbia.
#4) Tuo fratello (tua sorella) si comporta bene, perché tu no?
Ogni bambino ha una sua personalità, un suo percorso, una sua storia. A nessuno piace essere paragonato ad altri, soprattutto quando il paragone implica una critica. Mai, quindi, cedere a questo istinto. Il bambino va valutato nella sua singolarità, come essere autonomo e distinto.
Ciascun bimbo cresce e matura con un proprio ritmo ed un proprio temperamento. Paragonarlo a qualcun altro gli lascia intendere che lo vorreste diverso. E, in ogni caso, il paragone non serve a fargli modificare il proprio comportamento. Fargli pressione su qualcosa che ancora non è pronto a fare (o che non gli piace fare) può solo confonderlo e renderlo insicuro. Come conseguenza, proverà probabilmente risentimento nei vostri confronti e sarà deciso più che mai a non fare quello che voi desiderate cosi tanto che faccia. E’ il suo modo di protestare.
Al contrario, incoraggiate le sue piccole vittorie, i suoi progressi: “Wow, hai infilato il cappotto da solo!” oppure “grazie per avermi avvisata per tempo che dovevi fare la pipì”. Servirà a rinforzare i suoi comportamenti corretti e lo motiverà a fare sempre meglio.
#5) Lo faccio io, tu non sai farlo
Con una frase del genere generiamo nel bambino la perdita di iniziativa. Si sentiranno incapaci e goffi, e non avranno più fiducia nelle loro azioni e nel futuro.
Proprio per evitare di innescare meccanismi del genere, lasciate che i bambini facciano, anche se non faranno come voi, purché si invogli la loro iniziativa e la loro autostima.
#6) Vai via
La maggior parte dei genitori ogni tanto desidera ardentemente una pausa e lo stress e la pressione quotidiana ci spingono talvolta ad allontanare i nostri bambini per poter terminare la cena, o per cambiare quella lampadina che si è fulminata da mesi o semplicemente perché siamo stanchi e vorremmo tanto rilassarci per qualche minuto sul divano.
Il problema è che se diciamo troppo spesso ai nostri figli frasi come “vai via” o “ora ho da fare”, loro si convinceranno che non vale la pena parlare con noi, proprio perché li allontaniamo sempre. E se si istaura questo circolo vizioso da piccoli, quasi sicuramente faranno fatica ad aprirsi con noi una volta cresciuti.
Una buona regola per noi genitori sarebbe quella di abituare sin dall’infanzia i nostri bimbi al fatto che mamma e papà hanno il diritto di ritagliarsi una pausa per se stessi, ogni tanto. Impariamo ad organizzarci con nonni, baby-sitter, amici o vicini di casa. Basta anche mezz’ora per rilassarsi e ricaricare le batterie.
#7) Piangi per niente
Non bisogna mai sminuire o ridicolizzare i dispiaceri dei bambini, anche se possono sembrare di poco conto. State certi che con un’affermazione del genere non solo non si sentiranno compresi, ma probabilmente, un domani non vi racconteranno nemmeno i problemi più seri. La cosa migliore e mettersi al loro livello e consolarli in modo adeguato.
#8) Non ci riuscirai mai
Il bambino può non saper fare qualcosa, l’adulto ha il compito di indirizzarlo affinché riesca nei suoi obiettivi, nel caso in cui non ci riesca, allora si cerca una via alternativa oppure semplicemente si cambia la cosa da fare! Senza far pesare al bambino la sconfitta, che, l’adulto sa, essere momentanea e non della vita!
#9) Sei grasso/a
Il bambino ha una fisicità non definita ed in via di crescita, criticare l’aspetto fisico di un bambino non fa altro che abbassare la sua autostima.
Il bambino può instaurare con il cibo un rapporto anomalo, sino a portarlo a disturbi alimentari che nell’adolescenza possono tramutarsi in obesità o anoressia.
#10) Sei come tuo padre/madre
Questa frase, con tutte le possibili varianti, non necessariamente aiuta il bambino; paragonarlo ad un modello negativo non lo porta sulla giusta strada. Il risultato è che il bambino si spaventerà vedendo come potrebbe diventare e cercherà di rimuovere i sentimenti che sono dietro a un comportamento, mettendoli a tacere. Inoltre i bambini hanno bisogno di amare i genitori e di non vederli sminuiti. Insinuargli dei dubbi, significherebbe negare il bambino stesso, che per natura vorrebbe assomigliare a mamma e papà.
#11) “Non ne posso più di te”
Frutto spesso dell’esasperazione, questa frase “Non ne posso più di te”, che potrebbe essere paragonata anche a “Mi hai stufato” o “Lasciami in pace”, non andrebbe mai detta ai figli. Non andrebbe mai detta perché, nonostante la stanchezza e la mancanza di energie, un genitore è e rimane sempre una figura di riferimento fondamentale per i bambini. Con queste parole si rischia di mortificare il bambino, che non ne capisce circostanze, attenuanti e veri significati. Si rischia di instillare in lui una sorta di senso di colpa e di insicurezza.
#12) Non ho tempo, lasciami stare
Se si ha bisogno di tempo per sé, meglio organizzarsi e ritagliarsi uno spazio piuttosto che ripetere in continuazione questa frase: dà al figlio la percezione di essere respinto e che il genitore non ha mai tempo per lui. Sarebbe preferibile preparare eventualmente il bambino in anticipo sul fatto che il genitore avrà un impegno ma che poi passerà del tempo con lui, dando indicazioni precise sul “quando”.
Queste sono affermazioni da non “puntare” mai contro un bambino, sono pistole che mirano al cuore e possono ingenerare nei piccoli sconforto, rabbia e frustrazione.
I bambini sono tutti uguali non esiste il bambino buono o quello cattivo, esiste, a monte e in radice, invece, la buona o la cattiva educazione che dipende sempre dal genitore. Il bambino non va messo in contrapposizione negativa con il mondo, a lui va data l’opportunità di trarre dal mondo l’esempio positivo.
Nessun bambino dovrebbe mai sentirsi rifiutato
Tuo figlio, per crescere sereno deve avere stima di sé e se tu gli dimostri che Lui è unico, speciale e insostituibile lo sproni a migliorare e a crescere sulla strada degli ideali più saldi e puri. Il bambino che si sente rifiutato, allontanato e che avverte una negazione dell’affetto sarà facilmente un bimbo spaventato, insicuro e timoroso.
Ricorda, caro genitore, tu, che sei un adulto, sai bene che il collegio, l’uomo nero, la maestra cattiva non esistono e sai bene che non ti separeresti mai da tuo figlio né lo cambieresti mai con nessun altro bimbo al mondo …ma Lui, il bambino, non ha tutte le tue consapevolezze e intimamente soffre ogni qual volta teme che il tuo affetto verso di lui vacilli.
di Vincenzo D’Amato (dott. in Scienze e Tecniche Psicologiche – Ipnotista)
Per info ed appuntamenti: +39 392 74 63 850 www.vincenzodamato.it
Seguimi su: https://www.facebook.com/PsicologicaMenteOfficialPage/
https://www.youtube.com/channel/UCQ7p575l5us3KYk6mcRw3FQ?view_as=subscriber
Se l’argomento ti è piaciuto, condividilo sui tuoi canali social.