di Assunta Zaffino

Iniziamo da subito chiarendo che tutte le principali organizzazioni di salute mentale sono d’accordo nell’affermare che l’omosessualità è una variante non patologica del comportamento sessuale, quindi NON è una malattia.

Per orientamento sessuale si intende un modello stabile di attrazione emotiva, romantica e/o sessuale verso le donne, gli uomini o entrambi i sessi. Nello specifico, una persona omosessuale è attratta affettivamente, romanticamente e sessualmente da un individuo dello stesso sesso.

Spesso la parola omosessuale viene intesa come aspetto della sessualità trascurando le componenti emotive e affettive che invece sono parte integrante dell’orientamento. Infatti non è sinonimo di attività sessuale quindi non si tratta soltanto di un comportamento che può essere tenuto per sé ma è strettamente legato alle relazioni personali che l’individuo instaura, attraverso le quali vengono soddisfatti i principali bisogni legati ad esse: amore, affetto ed intimità. Spesso il pregiudizio di fondo è che l’omosessualità è frutto di dinamiche familiari disturbate o di un errato sviluppo psicologico, niente di più sbagliato. Non si tratta né di una scelta, né di una malattia. Qualcuno si ricorda di aver scelto ad un certo punto di essere eterosessuale o omosessuale? No, semplicemente perché è una condizione spiegata dalla combinazione di più variabili bio-psico-sociali.

La società di oggi e il continuo progresso tecnologico stanno rendendo l’uomo sempre più una macchina e, come, tale senza capacità di pensiero ma statico e monotono. Il pensiero dell’essere umano certe volte segue la massa senza neanche rendersene conto e il modo di pensare è molto influenzato dall’ambiente in cui si vive cominciando da genitori, amici e parenti.

L’omosessualità viene vista come qualcosa di sbagliato a tal punto che la maggior parte di essi nasconde i propri sentimenti a causa della disapprovazione, derisione o violenza.

Solitamente il coraggio di dichiararsi viene fuori con il passare degli anni e con il consolidamento del rapporto tra se stessi e la persona dello stesso sesso con la quale ci si lega. Il “dichiararsi” è la prima prova da superare e solitamente si inizia dalle persone più vicine come la famiglia, gli amici ed i colleghi ma la parte più difficile è esporsi in pubblico e vivere apertamente la relazione; gli sguardi disgustati delle persone, le risate dei passanti, gli insulti gratuiti, possono dare fastidio a chiunque ma le battutine, anche se di cattivo gusto, possono anche passare se si ha una certa autostima di se stessi, il problema è quando ci si imbatte in persone omofobe che può diventare una situazione molto sgradevole. L’uomo omofobo è un uomo che ha paura di vedere qualcosa di diverso da ciò che è, è spaventato, tutto ciò che gli è stato inculcato non riesce a toglierselo dalla mente perché non ha flessibilità mentale, in altre parole è limitato. La principale preoccupazione degli omofobi è che gli omosessuali possano in qualche modo “contagiarlo”, ma chi ha un minimo di intelligenza dovrebbe rendersi conto che non si tratta di una malattia come il raffreddore, bensì di gusti personali.

Una persona che preferisce la frutta piuttosto che i dolci è impensabile che cambi le sue preferenze solo perché vede un’altra mangiare il cibo che non gradisce.

Purtroppo al momento dominano il pregiudizio e la discriminazione sui principi di uguaglianza nei confronti degli omosessuali, inoltre il pochissimo appoggio che hanno da parte della comunità fa sì che si crei una situazione pesante al punto che rifiutino per primi di esserlo.

Bisogna solo stare attenti a giudicare ciò che non conosciamo e ciò che non abbiamo mai sperimentato in quanto le persone parlano, formano opinioni e possono sbagliare. Cerchiamo piuttosto di vivere tutti assieme, creando una bella comunità e rispettandoci a vicenda con i nostri problemi, le nostre paure ed i nostri diversi orientamenti.

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Per info ed appuntamenti: assuntazaffino.psy@gmail.com

Dott.ssa Assunta Zaffino

Psicologo Clinico e Giuridico